Quanto Catania si riuniva per il culto di Iside.
Sicilia terra di ogni viaggiatore errante, culla di tantissime civiltà, spartiacque naturale di popoli che nel corso dei secoli si sono intersecati in un filo sottile che rende quest’isola unica al mondo. Un gomitolo d’identità, storia, colori, sapori, lingue, culti, interferenze, differenze e connessioni che formano quella che tutti noi oggi conosciamo come Sicilia.
Per raccontarvi però la storia di come siamo passati a culto di Iside a quello di Agata dobbiamo fare un piccolo gioco d’immaginazione, che chiamerò “fiaba nella fiaba”.
Immaginate la Sicilia come la terra di ogni viaggiatore errante, culla di tantissime civiltà, spartiacque naturale di popoli che nel corso dei secoli si sono intersecati in un filo sottile che rende quest’isola unica al mondo. Un gomitolo d’identità, storia, colori, sapori, lingue, culti, interferenze, differenze e connessioni che formano quella che tutti noi oggi conosciamo come Sicilia.
Ora immaginate che quel gomitolo venga lavorato da due giovani donne sedute su una panchina lungo il Giardino Pacini di Catania (Meglio conosciuta come Villa Varagghi). Una delle due è un po’ più grande, ha lunghi capelli scuri e indossa un abito bianco, l’altra ha i colori del sole, il viso di color porcellana e due occhi che richiamano il verde del fiume Simeto. Una si chiama Iside, in onore della Dea Madre della maternità, della fertilità e della magia, Iside d’Egitto. L’altra si chiama Agata che significa “buona, gentile e nobile” in onore di una giovane nobile e coraggiosa donna catanese.
Le due lavorano la lana e commentano a voce alta la festa, che poco più in là, oltre gli archi della marina, la gente è pronta a festeggiare.
– Iside: “Ci fosse stata mia nonna, avrebbe sicuramente detto che ai suoi tempi era tutta diversa questa festa. Mi racconta sempre che la facevano, uguale uguale a Corinto come a Catania! Una barca di legno arrivava fin qui, alla marina, trasportando una statuetta raffigurante una donna. La gente aspettava in attesa per ore, intrepida e vestita di bianco non vedeva l’ora che la barca baciasse la terra ferma per rendere omaggio alla statua e consegnare la barca alle ceneri ardenti, in segno di devozione.
Era una grande festa, sai Agata, come quella di Corinto, laggiù da dove vengono i miei antenati. Lì il ministro faceva, alla presenza del popolo, la libazione di latte. Qui nonna non ricorda bene questa cosa, però dice che anche qui le mammelle, Agata, erano venerate, pensa un po’.
Si mangiavano tante caramelle e dolcetti per l’occasione e le donne, le più grandi, venivano addirittura vestiste con vestiti irriconoscibili. Nonna dice sempre che era davvero una bella festa e durava giorni!
Se andiamo in piazza grande, c’è l’elefantino. Proprio lì c’è il ricordo di questa festa egizia, un incisione per l’esattezza”.
Agata- “Sai Iside, anche mia nonna mi racconta di una festa di tanto tempo fa, certo non è come quella di tua nonna ma ti assicuro che è altrettanto bella. La barca non c’era ma c’erano tanti, ma tanti fiori. C’era la statua di una bellissima donna e veniva trasportata da un carretto per tutta la città. Gli uomini la tiravano con una grande e lunga corda perché era pesantissima. Ma per loro era davvero importante onorare quella giovane donna. Nonna mi racconta sempre che era davvero “magica” e a lei si rivolgevano sia per ringraziarla sia per chiedere aiuto nelle difficoltà. Lei era piccola però ricorda di aver visto un quadro in cui c’era questa signora e un uomo brutto che gli strappava le mammelle con forza con una cinghia. Poi accanto, c’era un altro quadro in cui questa donna camminava sui carboni ardenti e un altro in cui c’era un angelo e le mammelle erano ricomparse. Era davvero coraggiosa per questo tutti le volevano bene e la veneravano. La festa durava per giorni e non so se si mangiassero le caramelle, devo chiedere a nonna, ma sicuramente c’erano le olivette verdi zuccherate. Quelle che ogni tanto a febbraio la nonna mi prepara. Peccato non averci potuto essere!
La piccola Agata amava dialogare così tanto che non era arrivata nemmeno a finire un quadratino della copertina che stava realizzando.
Iside– “Agata ma che ne dici di unire i nostri lavori con la lana e andare a vedere la festa? In fondo la tua lana sembra proprio uguale alla mia?”.
Agata- “Sai Iside, te lo stavo proprio chiedendo. è un peccato continuare a lavorare ognuno per fatti suoi e perderci questa festa, non sarà come quella delle nostre nonne però chissà magari ci sono ancora le caramelle…!”
“Andiamo…”
E così Iside e Agata, unirono i loro lavori e andarono a vedere la festa in città. Perché in fondo si sa che le più belle storie non sono altro che frutto di intrecci di ricordi, di ieri e di oggi.
Di Vanessa Occhione
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